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L’Ingegneria Tissutale, la nuova frontiera della medicina dello sport

Lucia Baldino*

L’Ingegneria Tissutale è un campo interdisciplinare che coinvolge la biologia, la medicina, la scienza dei materiali e l’ingegneria. Sviluppatasi negli ultimi decenni, ha lo scopo di generare sostituti funzionali di tessuti e organi umani, e, in presenza di un ambiente controllato, promuove la proliferazione e la differenziazione delle cellule staminali o progenitrici nel tessuto desiderato.

L’Ingegneria Tissutale nasce come un’alternativa al trapianto di organi e tessuti danneggiati o mal funzionanti: i pazienti vengono curati con le proprie cellule, cresciute su un supporto biopolimerico, così che la parte tissutale possa essere rigenerata senza problemi di rigetto o reazioni di autodifesa del corpo ricevente. Tali supporti sono detti scaffold, i quali devono essere bioattivi e biodegradabili, con particolari proprietà fisiche e chimiche che simulano l’ambiente naturale, ovvero, la cosiddetta matrice extracellulare (ECM), fornendo un substrato per l’attecchimento cellulare con azione chimica, biologica e meccanica. Inoltre, l’Ingegneria Tissutale trova applicazione anche nella medicina dello sport per il trattamento di traumi causati da sollecitazioni sistematiche, come nel caso di tendini e legamenti.

In generale, i processi di Ingegneria Tissutale coinvolgono tre componenti principali: le cellule seminate per la produzione della ECM, la deposizione e la formazione del neotessuto; lo scaffold che fornisce una struttura tridimensionale alle cellule che devono differenziarsi, proliferare e caratterizzare la matrice; l’ambiente per la formazione del tessuto, con caratteristiche tali da permettere le massime prestazioni funzionali delle cellule seminate, un adeguato controllo della degradazione del materiale dello scaffold e della formazione del tessuto ingegnerizzato.
Le cellule e le biomolecole (ad esempio, fattori di crescita) vengono incapsulate nello scaffold ed, in seguito, il sistema viene trattato in un bioreattore, fornendo opportune sollecitazioni meccaniche e nutrienti alle cellule. La coltivazione all’interno del bioreattore permette ai tessuti di raggiungere un certo livello di accrescimento e funzionalità prima di essere trapiantati in vivo. Le cellule, dunque, crescono ed iniziano a formare il tessuto all’interno dello scaffold e poi tutto il sistema viene impiantato nel corpo umano. Nel caso ideale, lo scaffold dovrebbe biodegradarsi completamente dopo che le cellule si siano differenziate nel tessuto desiderato, e quest’ultimo inizi ad esplicare le sue funzioni.
Attualmente, esistono tre approcci per l’Ingegneria Tissutale: il primo consiste nell’impiantare direttamente nel corpo le cellule isolate o coltivate per curare tessuti malati o danneggiati. In questo caso, le cellule possono essere manipolate per adempiere alle esigenze del paziente prima di essere impiantate; in tal modo, si eliminano le complicazioni e i rischi patologici legati alle operazioni chirurgiche. L’applicabilità di questo metodo è, tuttavia, limitata a causa dell’incapacità delle cellule di conservare adeguatamente la loro funzione. La seconda tecnica prevede di stimolare in situ la rigenerazione del tessuto, impiantando uno scaffold biologico, oppure iniettando molecole di segnale per facilitare la ricomposizione del tessuto danneggiato. Questo metodo richiede una purificazione del biomateriale iniettato e anche un’adeguata tecnica di rilascio delle molecole. Il terzo approccio è quello di impiantare in vivo i tessuti ingegnerizzati a partire da scaffold di origine sintetica o naturale. Questo richiede l’ottimizzazione del rapporto cellulare, delle proprietà meccaniche e biochimiche degli scaffold.
Pertanto, l’Ingegneria Tissutale si propone come la nuova frontiera della medicina in generale, ma anche di quella dello sport, cercando di superare le problematiche legate alla scarsità di organi disponibili per il trapianto e le reazioni indesiderate da parte del corpo ricevente. Il suo stato di avanzamento è incoraggiante grazie alle ricerche svolte da scienziati in tutto il Mondo, a cui l’Università di Salerno partecipa in modo attivo mediante il contributo del gruppo del Prof. Ing. Ernesto Reverchon per quanto riguarda la progettazione e la realizzazione di scaffold funzionali con tecniche innovative assistite da fluidi supercritici.



*Research engineer

Associazione Europa Possibile

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