Generalmente gli allenatori concentrano la loro attenzione e
i loro sforzi alla ricerca di nuove metodologie di allenamento e schemi sempre
più ricercati, mentre rimangono molte cose da scoprire nel settore della
comunicazione tra l’allenatore e l’atleta. Proprio gli aspetti psicologici del
rapporto comunicativo tra allenatore e atleta e la capacità di trasmettere una
motivazione al successo sufficientemente forte possono fare di un buon
allenatore un ottimo allenatore.
Indubbiamente alcuni hanno un “talento motivale” che
consente loro di comunicare in modo positivo con gli altri, e sono in grado di
farsi capire e ottenere quanto desiderato senza particolare difficoltà. Ma, non
sempre avviene così, allora bisogna riflettere sui meccanismi della
comunicazione.
Quando qualcuno riferisce che un particolare film è
divertente o che una persona è di bell’aspetto noi non commentiamo sul film o
sulla persona, ma sull’effetto che essi hanno avuto su di noi: in breve è la
nostra reazione al film o alla persona che viene comunicata.
Poichè il
contenuto di tutte le comunicazioni è costruito all’interno di una persona, la
sua individualità, i suoi bisogni, le sue esperienze, la sua acutezza su ciò
che comunica. Un messaggio, dunque, non è mai neutro, è sempre filtrato dalla
personalità di chi lo emette. Allo stesso modo chi lo riceve lo integrerà con
la propria personalità e quello che per una persona è divertente può essere
noioso per un’altra.
Come possiamo essere sicuri che ciò che abbiamo comunicato è
stato realmente compreso? Per assicurarci di ciò dobbiamo ottenere dall’atleta
particolari informazioni sul fatto che quello che vogliamo dire e quello che la
persona ha capito sono la stessa cosa.
A questo punto la capacità dell’allenatore consiste nel
riuscire a “leggere” particolari segnali che l’atleta ci manderà al momento
della dimostrazione di ciò che gli abbiamo comunicato. Vi è un modo importante
per fare questo, e avviene già nel momento in cui noi stiamo comunicando con
l’atleta: per esempio dobbiamo fare molta attenzione alla gestualità
dell’atleta, osservare l’espressione del viso, degli occhi, delle spalle e
altre azioni non verbali, aggrottamento delle ciglia, sguardo vuoto, assente.
Non è sempre efficace chiedere all’atleta se capisce o dire “comprendi?”.
Questi punti lo spingono a dire “SI” anche se non capisce
quello che si intendeva dire: colui che si sente insicuro o timoroso farà
spesso cenni di assenso e dirà che capisce per evitare un certo imbarazzo. E’
più facile chiedere all’atleta cosa ha capito o cosa pensa di dover fare. In
questo modo facendo spiegare all’atleta ciò che ha capito del vostro messaggio in
modo da poter avere l’opportunità di correggere qualsiasi incomprensione prima
che questa crei dei problemi.
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