di Ranieri Marino
Nel precedente intervento abbiamo evidenziato
come lo sviluppo tecnologico condizioni in maniera crescente le prestazioni in
ambito sportivo, contribuendo al raggiungimento di performance sempre più
estreme. Ed anche se è inevitabile che la presenza della tecnologia sia comunque
destinata ad aumentare, allo stesso tempo è necessario chiedersi quale sia il
limite tra un utilizzo lecito di nuovi dispositivi più performanti ed un uso
improprio di tali device, tale da sfalsare
i risultati in maniera inopportuna e far parlare in alcuni casi di vero e
proprio "doping tecnologico".
In tal senso è indicativo il caso dei costumi high-tech LZR della Speedo apparsi
nel 2008, ma descritti nel brevetto britannico GB24118016 del 2004, Questi
costumi, realizzati in seguito ad un progetto condotto unitamente alla NASA, produssero
una serie di record consecutivi nell'arco di un solo mese di gare tanto da causarne
la loro messa al bando da parte prima della FIN e poi anche della FINA.
Un caso
forse ancora più emblematico è stato quello legato alle protesi articolari di
Pistorius, il cui uso per le competizioni tra normodotati fu inizialmente
vietato dalla IAAF in quanto avrebbe rappresentato un indebito vantaggio e che
solo diversi anni sono state ammesse, anche in seguito ad una importante
campagna mediatica. In questo senso è interessante notare come una prima
versione di queste protesi, prodotte dalla islandese Ossur, fosse stata già
presentata nel 2001 (si veda ad esempio la domanda internazionale WO0238087) e
come da allora la stessa Ossur abbia provveduto a sviluppare una serie di
protesi evolute, ognuna delle quali coperta da apposito brevetto. Una delle
ultime versioni, che probabilmente avremo la possibilità di osservare in pista solo
tra qualche anno, è descritta nella domanda internazionale WO2014133975 del
2013. Infine, non sono pochi quei casi di tecnologie sviluppate per
applicazioni non sportive ma il cui uso in ambito agonistico ha costituito una
vera e propria truffa, come il presunto utilizzo dei motorini ausiliari
all'interno dei mozzi delle ruote di bicicletta, il cui funzionamento è
descritto nel brevetto europeo EP1878650 della Gruber Antrieb.
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